(Goddelau, Darmstadt, 1813 - Zurigo 1837) scrittore tedesco. Nacque nel granducato d’Assia da un medico già al servizio dell’esercito napoleonico (poi consigliere sanitario del governo locale) e dalla figlia di un consigliere di corte. Il padre di B. voleva per il figlio un’educazione francese. B. diciottenne studiò così medicina a Strasburgo (1831-33). Furono due anni felici: amò, riamato, l’intelligente Minna Jaegle, ed entrò a far parte della Société des droits de l’homme, di ascendenza robespierriana e babeuvista, probabilmente controllata da Buonarroti. Costretto a rientrare in patria per concludere legalmente gli studi, gli si rivelò, dalla cittadina universitaria di Giessen, la miseria atroce delle classi popolari. Decise di votarsi all’organizzazione di una rivolta che fosse antifeudale ma anche antiborghese. Nel 1834 fondò a Giessen una Associazione per i diritti dell’uomo e redasse l’opuscolo clandestino Il messaggero dell’Assia (Der hessische Landbote). Un suo collaboratore, il pastore F.L. Weidig, venne arrestato (si suiciderà dopo tre anni di carcere preventivo). B. fuggì a Darmstadt. Nascosto nella casa paterna, nei primi mesi del 1835 concluse la redazione della tragedia La morte di Danton (Dantons Tod), cercando di trarne denaro per poter lasciare la Germania; e la pubblicò. Tornò a Strasburgo (marzo 1835), dove ritrovò Minna, la fidanzata; divenne membro corrispondente della Société d’histoire naturelle con una comunicazione sul sistema nervoso del barbo, un pesce d’acqua dolce. Ricevette la laurea e la docenza in anatomia comparata presso l’università di Zurigo. In quella città lesse una notevole prolusione Sui nervi del cranio. A ventiquattro anni morì di tifo.Eccettuate le due memorie scientifiche e le lettere, gli scritti di B. non superano le duecento pagine. Pare che altre sue pagine (e forse un dramma su Pietro Aretino) siano state distrutte, dopo la morte dell’autore, dalla fidanzata, per scrupoli morali. L’opera intera comprende, oltre al Messaggero dell’Assia e a La morte di Danton, la novella Lenz, la commedia Leonce e Lena (Leonce und Lena) e la tragedia incompiuta Woyzeck.Per intendere perché B. sia considerato fra i più straordinari scrittori dell’Ottocento tedesco dev’essere tenuta presente la sua intensa passione politica, la rivolta radicale che al di là della Restaurazione e delle ideologie romantico-feudali aveva identificato come proprio nemico la stessa borghesia liberale. Di qui, nella drammatica prosa tagliente del Messaggero dell’Assia, scaturì una prospettiva di anarco-comunismo agrario (non lontano da quello del nostro Pisacane) che rese B. inaccettabile ai tedeschi benpensanti fino ai primi anni successivi alla seconda guerra mondiale. Non è un caso che il racconto Lenz abbia per tema la tragica discesa nella follia dell’omonimo drammaturgo dello Sturm und Drang. La violenza protestataria del secolo precedente rivive in B. che sarà compreso solo verso la fine dell’Ottocento, e influenzerà Wedekind, l’espressionismo e Brecht. Le pagine su Lenz si basano sul diario di Oberlin, parroco di Waldnach e medico (1778): sono l’interpretazione di una situazione schizofrenica incipiente e al tempo stesso il documento del crollo di ogni residuo religioso o teistico. Tesa fra l’accento del referto naturalistico e la furia visionaria, la prosa del Lenz è straordinariamente attuale. La stessa veemenza e tensione di elementi irriconciliabili anima La morte di Danton. Racconti paterni e letture sulla rivoluzione francese sono all’origine dell’intento principale di B., quello di trasmetterci il senso tragico della storia contemporanea; frammenti autentici dei discorsi e degli scritti dei maggiori rivoluzionari entrano così nelle sue scene concitate. Danton e Robespierre, legati da amicizia e da ostilità, vivono sulla scena le giornate che vanno dalla caduta di Hébert a quella di Danton. B. parteggia, in sede politica, per Robespierre, anzi per Saint-Just; ma non senza una fosca identificazione con Danton. Supremo giudice, di superiore materialismo e cinismo, è il popolo sanculotto; simbolo dell’infrangersi dell’individuo contro la storia è il canto demente di Lucilla Desmoulins sotto la ghigliottina.Leonce e Lena è in apparenza una fiaba, il principe ozioso e triste sposerà la principessa, sullo sfondo di una corte dell’età rococò. E tutto ha la vivacità marionettistica d’una farsa, non fosse per l’insistito ricorrere di evocazioni lugubri (l’occhio da anatomista che Gutzkow aveva riconosciuto all’amico B.) e per la sarcastica presenza di Valerio, personaggio per metà Arlecchino e per metà Figaro.Nel Woyzeck, la forma frammentaria e inconclusa (i manoscritti propongono tre diversi finali) è inseparabile dall’essenza stessa del linguaggio poetico di B. Ispirata a un episodio di cronaca di dieci anni prima (il barbiere J.Ch. Woyzeck era stato decapitato a Lipsia per l’assassinio d’una vedova), la tragedia, a un primo livello, sembra anticipare una veloce vicenda naturalistica e patetica di gelosia, sensualità e violenza sanguinaria; ma a un secondo livello, è la contrapposizione del mondo dei miseri, alienati alla morale delle classi dirigenti militari-feudali, della quale la borghesia si fa mediatrice, attraverso il crudele medico sperimentatore che affama Woyzeck in nome della «scienza»; a un altro livello ancora è l’universale lacerazione dell’uomo, che non solo inverte i valori ma tutto divide e spezza, con i simboli della mannaia, del rasoio, del coltello, della putrefazione e dell’afasia.